Da molti definito un audace “sperimentatore” nella musica come nel canto, Tim Buckley nasce a Washington il giorno di San Valentino del 1947. Trascorre l’infanzia a New York e poi si trasferisce a Los Angeles dove incontra la musica ed il suo straordinario futuro artistico.
Durante le scuole superiori conosce il poeta Larry Beckett con cui in seguito collaborerà alla stesura del testo di alcuni canzoni.
Amante della musica folk e jazz su cui fonda le proprie radici musicali, ben presto inizia quel personalissimo percorso di sperimentazione musicale che lo porta ad approdi nuovi in cui l’intensità della propria voce si fonde con continui esercizi vocali, in cui elementi di musica country, jazz, blues, gospel si fondono in una costruzione nuova, geniale espressione di un’anima inquieta, angosciata, malinconica.
Dopo aver stregato con la sua personalità artistica Herb Cohen, manager di Frank Zappa, , nel 1966 esce il suo primo LP “Tim Buckley” (accompagnato da un tour promozionale negli Stati Uniti) al quale partecipano anche grandi musicisti del calibro del pianista Van Dyke Parks, del bassista Jim Fielder, del chitarrista Lee Underwood e del batterista Billy Mundi. Tra i brani più significativi dell’album la bellissima e commovente Valentine Melody, ma anche Song Of The Magician, Wings e Song Slowly Song.
E’ però dal 1967 con la pubblicazione di “Goodbye And Hello”, “Happy Sad”, “Blue Afternoon”, che per Tim Buckley inizia un periodo d’oro il cui prodotto musicale è considerato da molti una perla rara nella musica di tutti i tempi. Se la musica può essere considerata il canale di comunicazione ed il riflesso dell’anima del musicista, la musica di Tim Buckley non può che essere un insieme infinito di colori, tonalità, sfumature perché è la sua anima è piena di colori, tonalità, sfumature.
In quel periodo, come molti altri artisti, fa spesso uso di LSD e di altre droghe che amplificano e a volte alterano i suoi umori ed influenzano anche i suoi brani.
Dopo questo periodo in cui il successo arriva ai massimi livelli, Buckley continua nella sperimentazione più estrema questa volta forse anche costretta da un fisico ed un’anima piegati sempre di più dall’abuso di alcol e droghe che lo spingono a forme di espressione sempre più malinconiche, cupe, dai tratti quasi oscure.
Nel 1970 pubblica “Lorca” e l’anno successivo “Starsailor” per poi sospendere per un periodo la sua attività musicale a causa degli scarsi successi commerciali. Il suo fisico e la sua anima già chinati alla volontà schiacciante di alcool e droghe, si abbandonano anche alla depressione che, pur non impedendogli di dedicarsi ad altre attività come la recitazione, la sceneggiatura ed il cinema, non riescono a dargli ciò che cerca.
Forse la sua personalità artistica cosi complessa, poliedrica, troppo all’avanguardia rispetto ai tempi sono la causa di quelle mura che Tim Buckley si costruisce attorno e che lo fanno sentire quasi incompreso dal mondo fuori. Ciò alimenta la sua depressione che lo spinge sempre più nell’abisso da cui lui stesso forse è attirato, alla continua ricerca dell’appagamento.
Il sipario sta per calare definitivamente sulla scena della vita di Tim Buckley. Il 29 giugno 1979 muore a Santa Monica in California per un’overdose di eroina e ed alcool.
Il destino di Tim Buckley sembra ripetersi anni dopo, seppur in maniera differente, in quello anch’esso tragico del figlio Jeff dall’anima se possibile ancora più fragile ed inquieta (rileggi qui) che negli anni ’90 con l’album “Grace” verrà consacrato uno dei miti di quel tempo e non solo.
Destini quelli di un padre e di un figlio, lontani nella vita ma accumunati da un’anima tremendamente malinconica in equilibrio precario sul percorso della vita che sono riusciti a regalarci non semplici canzoni ma emozioni. Quelle vere.
Tim Buckley, “Valentine Melody“
Ho appreso con piacere e stupore che esiste qualcuno che parla dei grandi della musica come Tim e Jeff Buckley. Vi ringrazio e vi faccio i complimenti.
Grazie mille per i complimenti e per essere un nostro lettore, ciò che anima il focus rock & diritto è proprio la voglia di parlare di coloro che hanno fatto la storia della musica e ciò attraverso una lente di ingrandimento sulle loro vite. Al prossimo focus!Saluti Valentina Copparoni