E URLO RISCOPRE 4 QUADRI RIMENTICATI
– ANCONA – di Giampaolo Milzi –
Un pugno negli occhi, per cittadini e turisti in giro nel cuore del centro storico di Ancona. Con quel cantiere malandato al termine di via Birarelli, a due passi dai resti dell’Anfiteatro Romano, che pareva infinito. Ebbene, pare proprio che il 2015 porterà con sé l’attesissima notizia della riapertura al pubblico della Chiesa di San Bartolomeo-San Gregorio, chiusa subito dopo i danni arrecati dal terremoto del 1972 e quindi sconsacrata. Il completamento dei lavori di ristrutturazione dell’elegante edificio sacro era previsto per fine luglio. Poi, dopo l’ennesimo ritardo, sembra davvero che il traguardo verrà tagliato in questi giorni di agosto, al massimo a settembre. Ad accompagnare la lieta novella, una riscoperta, anzi, sarebbe meglio definirla una scoperta. Com’è noto gli interni della chiesa, che nelle attuali condizioni ci appare nel suo maestoso impianto architettonico cinquecentesco-settecentesco, sono stati vittime di numerose spoliazioni e dispersioni di opere nel corso dei secoli. Non è affatto noto invece che ben quattro pale d’altare che ospitava sono da decenni affisse alle pareti di un salone da cerimonia della caserma sede regionale della Guardia di Finanza (con ingressi in piazza del Plebiscito, accanto alla Chiesa di San Domenico, corso Mazzini e via Zappata). Chi scrive è tra i pochissimi che hanno avuto la fortuna di poterle ammirare dal vero sul posto, per gentile concessione del Comando Fiamme gialle. Che le ha avute in custodia (pare verso la fine degli anni ’70), a tempo indeterminato, dall’Arcidiocesi di Ancona-Osimo, dato che la Curia non ha trovato nel corso di tutti questi anni una sistemazione tale da poter consentire al pubblico di ammirarle. Dipinti di grandi dimensioni, valore e pregevole fattura, di cui, come spesso avviene per molti manufatti artistici ad Ancona, si era persa la memoria storica. Grazie a una ricerca del nostro Urlo, alla quale hanno contribuito l’architetto Massimo Di Matteo, l’ex direttore della pinacoteca Comunale Michele Polverari e l’artista Alfonso Napolitano, si è potuto stabilire che uno dei quadri, tutti di autore ignoto, raffigura San Gregorio l’Illuminatore, al quale l’edificio di culto venne dedicato – mutando il titolo dall’iniziale San Bartolomeo Apostolo – nel 1847, quando fu assegnato alle monache armene della città. I soggetti della altre pale: il Sacro Cuore con Sant’Ignazio di Loiola e San Francesco Saverio (sec XVII); San Bernardo in estasi davanti a Madonna con Bambino ed angeli (sec. XVIII), Santa Palazia in preghiera con Cristo tra due Santi (sec. XVIII).
La notizia delle quattro pale d’altare “ritrovate” si sposa magnificamente con quella della imminente conclusione del progetto di recupero della chiesa. E quindi giunta l’ora per l’Arcidiocesi, l’Istituto Buon Pastore – che della chiesa è proprietario – e le altre istituzioni competenti di affrettarsi per riprendere in consegna queste perle d’arte sacra che erano finite nell’oblio e di riposizionarle dove fu previsto all’epoca della loro realizzazione che stessero. Ovvero, con tutta probabilità, sopra i quattro altari laterali contenuti in altrettante nicchie (formate da arcate inquadrate da colonne) presenti in San Bartolomeo-San Gregorio.
Il fine cantiere segna anche l’improcrastinabilità di un’altra grande missione di recupero. Quella per il ritorno “a casa” del gioiello più importante e prestigioso della chiesa, la grande pala dell’altare maggiore (altare non più esistente) firmata nel 1570 dal pittore manierista Girolamo Siciolante da Serrmoneta. Un olio su tela (altezza 530 cm, larghezza 270) che raffigura la Madonna col Bambino Gesù in trono, ai lati Sant’Agnese e Sant’Agata, sotto San Paolo, San Bartolomeo, e probabilmente Sant’Antonio Abate e San Ciriaco; in basso a sinistra il mercante armeno Giorgio Morato che lo commissionò. Un’opera molto importante per Ancona, di cui racconta un significativo pezzetto di storia, grazie alla presenza tra i soggetti di San Ciriaco (in molti ne sono convinti) e al fatto che testimonia l’antico radicamento in città della comunità armena. Trafugata su ordine di Napoleone nel 1811 fu portata a Milano dai commissari del provvisorio Regno italico. In tempi relativamente recenti il Ministero l’ha affidata alla Pinacoteca di Brera, che poi l’ha trasferita a Calcinate, in provincia di Bergamo. Da tanti anni giace lì dimenticata, nella sagrestia della chiesetta locale. Gli ultimi tentativi per riportarla a San Bartolomeo-San Gregorio? Quello dell’assessore alla Cultura del Comune di Ancona, Andrea Nobili, nel 2010; era stato tutto organizzato, ma poi stoppato perché i lavori per la chiesa erano stati sospesi; nel novembre 2013, la promessa dell’assessore alla Cultura, Paolo Marasca, rimasta tale. Occhi puntati dunque sul Segretariato regionale dei Beni Culturali (che dirige le Soprintendenze) e sul Comune di Ancona. L’impresa è semplice, cinque anni fa l’architetto Giantomassi, esperto d’arte, uno dei più grandi restauratori italiani, si era offerto gratuitamente come “regista” del ritorno della Pala del Siciolante. Impresa semplice, doverosa, in teoria scontata.
L’interno di San Bartolomeo-San Gregorio, ad una navata, di pianta rettangolare, con pareti scandite da semi-colonne e lesene, è fortemente caratterizzato dall’impronta di rinnovamento architettonico di Francesco Maria Ciarrafoni. Fu lui nel 1760 a realizzare la spaziosa volta a botte con lunette che scendono in corrispondenza delle finestre e la zona absidale di forma ellittica. In quest’ultima spiccano in tutta la loro bellezza gli stucchi, anch’essi del secolo XVIII, che rappresentano gli “angeli in gloria”, attribuiti alla scuola dello scultore romano Gioacchino Varlè, che lavorò moltissimo ad Ancona. Quegli angeli sono l’unica opera d’arte che resta nella chiesa, assieme alla statua della Vergine Maria che orna la nicchia del secondo altare sul lato sinistro.
Nel breve periodo tra fine ‘700 e inizi ‘800 dell’occupazione francese di Ancona, sparirono i quadri della “Annunciazione” del Bellini e il “Cristo risorto” del Salimbeni Ventura (entrambi del XVI secolo). Un libro del 1777, scritto da Francesco Oretti, cita la presenza in chiesa di molte altre opere pittoriche di cui non si sa più nulla: “San Giovanni Battista”, “La Canavea”, “Santa Maria Maddalena”, “Mosè trovato nel Nilo”, “Sant’Ubaldo”, “Sant’Agostino”, “Samaritana”, “Adorazione dei Magi”, “Sant’Anna, Beata Vergine, San Giuseppe”.
E’ esposto invece nel Museo Diocesano di Ancona il dipinto di Santa Anastasia, del Belluzzi, che le monache armene portarono in chiesa quando ne presero possesso. E sono al sicuro nella Pinacoteca Comunale – e quindi, come la Santa Anastasia, potrebbero facilmente rientrare a San Bartolomeo-San Gregorio, due olii su tela: un “San Giovanni Evangelista nell’isola di Patmos” (sec. XVI) e una grande “Visione della Croce”, di Giacinto Brandi (sec. XVII).
Il lunghissimo e tormentato capitolo dei lavori “stop & go” di ristrutturazione pare sia iniziato già negli anni ’80. Il terremoto aveva provocato crolli del soffitto, distaccamento di parti decorate dalle pareti e altri pregiudizi alla chiesa. Pare che il cantiere abbia avuto un breve impulso negli anni ’90. La svolta in positivo nel 2001, con interventi riguardanti in particolare la volta, gli altari laterali, demolizioni di mura. Poi ancora ritardi e tutto fermo per mancanza di fondi fino a un paio d’anni fa. Il rifacimento dell’intera pavimentazione è stato effettuato con la tecnica del restauro conservativo per la parte absidale, ex novo ma uguale all’originale per quella dell’aula. Dopo ben 43 anni è tutto a posto e rilucente di rinnovata bellezza. Sono stati spesi oltre 500mila euro. Operai e tecnici della ditta edile f.lii Rinaldi di Ascoli devono ancora attuare qualche ritocco ai pavimenti, ritinteggiare piccoli tratti di pareti laterali. Poi pronta consegna.
Certo, manca la ripulitura del campanile. Un dettaglio. Non tale quindi, da impedire, in teoria, la riapertura al pubblico. Già, in teoria. Perché per poter entrare in chiesa va risistemato tutto il sagrato esterno, ridotto a piccola giungla degradata, sporca, incorniciata da inferriate arrugginite. Il relativo appalto, per alcune decine di migliaia di euro, è stato bandito nel 2014, servirebbero almeno altri 6-9 mesi. Troppo, dopo tanta attesa. Un ostacolo che – secondo molti addetti ai lavori – potrebbe essere superato, installando al più presto una passerella, eseguendo piccoli interventi provvisori di messa in sicurezza. La decisione di accorciare i tempi spetta alla dirigente del Segretariato ai Beni culturali (da cui dipendono le Soprintendenze), dott.ssa Giorgia Muratori. Chissà se ci farà questo regalone…