TRA POLEMICHE E STRUMENTALIZZAZIONI ELETTORALISTICHE: L’ANALISI
di Avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni).
Polemiche e dibattito attorno all’introduzione nel codice penale italiano della nuova versione del reato di scambio elettorale politico-mafioso.
L’atto finale è arrivato alla quarta lettura per il disegno di legge, completata stamane in Senato, dove la proposta è stata licenziata con l’ampia maggioranza di 191 voti a favore, 32 no e 18 astenuti.
Polemiche e proteste degli esponenti del Movimento 5 Stelle, per le modifiche intervenute nella formulazione finale della modifica, dove la pena detentiva per il reato di voto di scambio viene modificata da un minimo di 4 anni a un massimo di 10, rispetto a quanto previsto nella precedente lettura del Senato, quando era prevista una pena da 7 a 12 anni.
Ecco il testo della nuova formulazione del reato di voto di scambio, così come prevista dallì’articolo 416-ter del Codice penale.
“Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”.
Il reato è stato introdotto dal D.L. n. 306 del 1992 convertito con modificazioni dalla legge n. 356 del 7 agosto 1992 al fine di contrastare i legami politico-mafiosi, è strettamente connesso con la fattispecie prevista dall’art. 416 bis: infatti prevede la pena per chi ottiene la promessa dei voti dalla criminalità organizzata (il procacciamento di voti per sé o per altri o l’ostacolo al libero esercizio del voto rientra tra i programmi dell’associazione mafiosa) in cambio della erogazione di denaro.
La nuova formulazione, dunque, rispetto alla vecchia riduce di un po’ la pena, ma amplia la fattispecie prevedendo la punizione anche di chi riceve la promessa di voti in cambio della mera promessa di denaro o di altra utilità. Ed inoltre applica la stessa pena anche solo a chi promette di procurare voti con le modalità sopra descritte.
Ovvio ad avviso di chi scrive che debba esserci una differenza con le pene previste per il partecipe dell’associazione a delinquere di stampo mafioso (come detto, da 7 a 12 anni per il mero partecipe), perché quest’ultima figura di reato richiede la condivisione degli scopi dell’associazione, l’agire nella direzione di un rafforzamento della vita dell’associazione, un intervento anche solo occasionale (è il caso del tanto discusso e dibattuto “concorso esterno” in associazione a delinquere), ma volto pur sempre a dare un contributo alla crescita dell’associazione. Nello scambio elettorale politico-mafioso, come dice lo stesso nome del reato, lo scopo è appunto uno scambio, due finalità diverse che convergono in un delittuoso incontro. Il politico non ha a cuore direttamente lo sviluppo della vita dell’associazione a delinquere, ma soltanto i suoi voti, rispetto a cui il rafforzamento della associazione è appunto un prezzo da pagare.
Altro discorso in punto di principio l’idea di non diminuire mai le pene per reati che abbiano a che fare con la mafia. Logico sarebbe piuttosto innalzare la pena per la partecipazione all’associazione a delinquere. Ma giusto a mio avviso distinguere.
Il problema,spesso, nei reati che abbiano a che fare con la vita di un’associazione a delinquere è l’indeterminatezza della fattispecie, che in molti casi fa partire in quarta l’accusa ma poi difficilmente si sorregge nel corso di un processo.
L’intenzione della nuova formulazione del reato di cui al 416-ter c.p. è appunto quella di meglio definire i contorni della fattispecie.
Il tempo e i primi processi parleranno, si spera, molto più e molto meglio delle indecenti gazzarre politiche a cui, ahimé, si è ancora una volta assistito in un Parlamento spesso ridotto alla stregua di un pollaio.