(di GIAMPAOLO MILZI)- Le procedure da adottare per il diritto d’asilo nei Paesi dell’Unione Europea sono dettate dal Regolamento di “Dublino 2”. Inadeguato rispetto a ciò che accade sul campo. Prevede che il cittadino extracomunitario presenti richiesta d’asilo nel primo Paese UE in cui entra. Nella prassi al porto di Ancona, si tratta quasi sempre di soggetti su traghetti provenienti da Patrasso, e quindi dalla Grecia. Ma è noto che a Patrasso questi migranti non sono quasi mai messi nelle condizioni di formulare la richiesta. Le cause: grave disorganizzazione, scarsissimi controlli delle autorità locali, deficitari iter di accoglienza sul posto. Il risultato? Riescono ad imbarcarsi come irregolari per Ancona. E Le autorità di frontiera italiane, ad Ancona, li “rinviano in Paese terzo” (non quello di cittadinanza), e cioé la Repubblica Ellenica. Dove anche Human Rights Watch ha evidenziato la condizione di pericolo cui tutti i migranti sono soggetti. Nel 2011 è intervenuta anche la Corte di Strasburgo, che con sentenza ha dichiarato che la Grecia viola l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo infliggendo ai migranti e ai richiedenti asilo trattamenti inumani e degradanti. L’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR) ha sollecitato più volte il governo greco, quello italiano, la UE, gli armatori dei traghetti, raccomandando che si attivino per un’applicazione delle procedure corretta dal punto di vista sostanziale, umanitario quindi. Secondo l’UNHCR, il Regolamento di “Dublino 2” si è dimostrato carente. E dunque, nel preponderante interesse del cittadino extracomunitario, soprattutto se minorenne, occorre che i Paesi Ue, Italia compresa, cerchino di evitare di “rinviarlo nel Paese terzo” (riammissione, di fatto respingimento) e di accoglierlo entro i loro confini, fornendogli assistenza e ponendolo nelle condizioni di richiedere asilo.
(Tratto da “L’Urlo”, marzo 2013)