LEONCINI DI S.AGOSTINO, INCHIESTA DEL PM
– ANCONA – di Giampaolo Milzi –
Opere d‘arte di “ruggente” bellezza, misteriosamente volatilizzatesi ad Ancona all’inizio degli anni ’30 del secolo scorso – secondo la reiterate versioni ufficiali o ufficiose di studiosi e rappresentanti delle istituzioni storico-culturali – e quindi irrimediabilmente perduti. Macché. Balle. Per carità, non che i due leoncini che per secoli hanno adornato i lati del portale dell’ex Chiesa di Sant’Agostino (capolavoro iniziato dal grande scultore dalmata Giorgio Orsini da Sebenico e completato nel 1494) siano stati ritrovati. Ma le due sculture in pietra pregiata non sono sparite ininterrottamente nel tempo, né sono state trafugate da qualcuno un’ottantina di anni fa. Come in troppi, alcuni con leggerezza e superficialità, ci hanno dato a bere anche nel corso o a margine di conferenze pubbliche sul passato del capoluogo dorico, presenti soprintendenti e altri esperti. I Leoncini di Sant’Agostino sono infatti ricomparsi stabilmente per molto tempo, durante gli anni ’80 del ‘900, nell’ambiente voltato ad arco e aperto che caratterizza la facciata del duecentesco Palazzo del Senato, nell’omonima piazza del centro storico di Ancona. Lo dimostrano senza ombra di dubbio le quattro fotografie che li ritraggono in quella collocazione rintracciate dall’Urlo Indiana Jones Team e pubblicate in questa pagina.
C’è poi un altro testimone, oltre a quelli che hanno scattato le quattro immagini. E’ il noto restauratore Carlo Giantomassi: “Certo, i leoncini di Sant’Agostino li ho visti più volte, dall’inizio alla fine degli anni ‘80’, sotto l’arcone di Palazzo del Senato”.
Paradossale, e inquietante, soprattutto un fatto: l’area dell’arcone e il Palazzo del Senato di cui fa parte, erano già, nel periodo in cui sono state scattate le foto (1985 -1989 circa), sede della Soprintendenza regionale ai Beni architettonici e paesaggisti delle Marche (da poco tempo denominata alle Belle arti e Paesaggio), ovvero l’istituzione che per compito di legge avrebbe dovuto tutelarli, i due Leoncini di Sant’Agostino.
Purtroppo, già dai primi anni 90’, i Leoncini sono “evasi” – ed ecco il nuovo mistero – anche dal nobile antro di Palazzo del Senato senza lasciar traccia a proposito del loro nuovo “rifugio”.
Naturale, a questo punto, il secondo passo compiuto dagli Urlo 007: chiedere lumi proprio alla Soprintendenza su che fine abbiano fatto successivamente le due pregiate opere in marmo rosso di Verona, risalenti al XII-XIII secolo. Ma in Soprintendenza abbiamo trovato un muro di gomma. Ci saremmo aspettati che – messi al corrente di una realtà che li riguarda così da vicino, i vertici dell’organo periferico del ministero si sarebbero dati da fare, ricercando negli archivi e nei depositi le due statue, non più così fantasma, o per lo meno dei documenti che potessero ricondurre al loro definitivo ritrovamento. Nulla di tutto ciò. I nostri interlocutori sono letteralmente caduti dalle nuvole dei “non so…”, “boh”, “mah…”. Di più. Per ben tre volte abbiamo chiesto alla segreteria della Soprintendenza un appuntamento con la sua direttrice, dott.ssa Anna Imponente. La terza volta, non avendo prima mai ricevuto risposta, abbiamo spiegato alla segretaria l’importanza della questione, ovvero del rinvenimento e della successiva sparizione (relativamente recente) di due opere d’arte avvenuti proprio quando erano collocate in un ambiente della stessa Soprintendenza (il citato arcone). La segretaria ha preso appunti, ha promesso di relazionare sul “il giallo” alla dott.ssa Imponente… e poi silenzio assoluto, nessun cenno di interessamento o attivazione di ricerche. Un tran tran, senza esito costruttivo, durato qualche mese. Quindi, ci siamo sentiti in dovere di compiere l’ultimo, sofferto, possibile “step”: passare gli esiti della nostra inchiesta ai carabinieri del nucleo tutela patrimonio, di Ancona, che hanno provveduto ad inoltrare un esposto denuncia alla procura della Repubblica.
Quanto alla nostra inchiesta, va sottolineato come – grazie all’importante contributo del collega giornalista anconetano Alberto Bignami – si sia potuto far luce su quanto accaduto ai due Leoncini agli inizi degli anni ’30.
Alcuni documenti rintracciati da Bignami presso il Sistema Archivistico Nazionale attestano senza ombra di dubbio che nel 1933 furono rimossi dai lati del portale dell’ex chiesa di Sant’Agostino – ex perché la sua struttura subito dopo il 1860 era stata completamente stravolta per adibirla ad usi militari e trasformarla in sede della caserma Cialdini – e depositati presso la Chiesa di Santa Maria della Piazza. Un trasferimento che si iniziò a prospettare fin dal 1928, come prova uno dei quattro documenti – tutti pubblicati e commentati da Bignami nel suo saggio “Ancondorica – volume primo” (autoprodotto, www.ancondorica.net ) – , quello dove il 24 settembre 1928 l’allora Podestà chiede “che siano spostati nella chiesa di Santa Maria della Piazza”. Motivo: “(…) non hanno alcun legame stilistico col portale di Sant’Agostino”.
Passano alcuni anni, e l’operazione si mette in moto. L’Ufficio delle Fortificazioni del Corpo d’Armata di Bologna (Ufficio staccato di Ancona) il 18 gennaio 1933 rilascia in forma scritta, “alla Sovraintendenza all’arte mediovale e moderna per le Marche e la Dalmazia” che l’aveva richiesto, il nulla osta al trasferimento. Che avviene il 12 maggio di quell’anno, come certifica il “Verbale di rimozione di due leoni romanici dal (citato, ndr.) Portale (…) e di consegna dei leoni stessi a Mons. Recanatini, parroco della (citata, ndr.) chiesa”.
Molti anconetani, racconta Bignami, non digerirono affatto la delocalizzazione, tanto che il caso fu oggetto di roventi critiche nelle pagine del Corriere Adriatico. Critiche alle quali la Regia Soprintendenza risposte inviando una raccomandata al giornale, che vale la pena di riportare qui integralmente: “Il trasferimento dei due leoni romanici dal portale dell’ex Chiesa di Sant’Agostino alla Chiesa di Santa Maria della Piazza è provvedimento da lungo tempo proposto dalla Soprintendenza e attuato previo regolare consenso degli enti interessati (…) come risulta dal verbale del 12 maggio 1933, allo scopo di assicurare una più idonea conservazione e destinazione di quegli elementi decorativi che non potevano in nessun modo considerarsi parte integrante dell’opera di Giorgio da Sebenico (il portale di Sant’Agostino, ndr.), mentre più opportunamente potranno essere sistemati, come si sta facendo, in un insigne monumento coevo, qual è la chiesa di Santa Maria della Piazza (XI-XII sec.). Non si tratta quindi di iniziative arbitrarie o private, né tanto meno poi di “vandalico scempio” come il giornale ha amato ripetere”.
Quanto meno discutibile, la motivazione del trasferimento istituzionale: il portale di Sant’Agostino è in stile gotico-rinascimentale, i due piccoli leoni sono in stile romanico (almeno di un paio di secoli precedenti), lo stesso stile della chiesa di Santa Maria della Piazza e quindi solo lì adeguatamente valorizzabili. Come furono valorizzati?
Nel corso della generale opera di risistemazione cui fu sottoposta la chiesa nella prima metà degli anni 30, si decise di mantenere le due statue all’interno e furono sistemate ai lati del portale d’ingresso della fiancata laterale destra. Il restauratore Giantomassi li ricorda bene lì posizionati, quando, da bambino già appassionato di storia e arte locale, nei primi anni ’50, andava a curiosare a Santa Maria della Piazza. Proprio in quegli anni la Soprintendenza effettuò una ristrutturazione generale della chiesa. E si attivò per la realizzazione di accurati disegni dei leoncini, di cui l’architetto Massimo Di Matteo, consulente dell’Urlo Indiana Jones Team, ci ha fatto avere copia degli originali conservati nelle sede di Ancona dell’Archivio di Stato. Giantomassi e Di Matteo concordano nell’avvalorare con forza l’ipotesi che i leoncini furono rimossi negli anni ’70, durante i lavori di restauro dell’edificio di culto resisi necessari per i danni causati dal terremoto del ’72, protrattisi fino alla fine di quel decennio. E concordano anche nell’ipotizzare che fu allora che si decise (per motivi ignoti) di rimuovere le pregevoli opere e di affidarle alla custodia della Soprintendenza, con l’epilogo del loro approdo sotto l’arcone di piazza del Senato. Una custodia per nulla ferrea, così come la memoria della Soprintendenza, che dell’oscuro giallo – ripetiamo piuttosto recente – relativo alla scomparsa delle due sculture sembra del tutto disinteressata.
Per sdrammatizzare questa vicenda poco edificante ci piace concludere con un po’ d’ironia, citando un commento dello scrittore e poeta “anconetanissimo” Giorgio Occhiodoro a proposito del portale di Sant’Agostino e della prima, mitica, scomparsa delle due sculture feline: “Per fortuna il portale è ancora lì anche se i due leoncini alla base delle colonne sono andati a fare… quattro passi” (da “Ancona ieri…, volume I, Sagraf 1985). Anche l’arcone della Soprintendenza in piazza del Senato è ancora lì, ma sfortunatamente i leoncini sono andati di nuovo a fare… quattro passi. Speriamo che carabinieri e magistratura, ottenuta la collaborazione della Soprintendenza, attivino una caccia coronata da successo, seguendone le orme e recuperando le sculture ancora integre nella loro ruggente bellezza.
(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)