Il prossimo 31 marzo chiudono i battenti in Italia tutti gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG).Con l’occasione ripubblichiamo una interessante inchiesta in 4 puntate sulla Legge Basaglia e l’approccio al disturbo mentale in Italia.
di Eleonora Dottori (con la collaborazione della Dott.ssa Ilaria Dottori)
Torniamo a parlare di manicomi con l’assistente sociale Ilaria Dottori che questa volta si affida alla penna di Alda Merini e alla macchina da presa del regista Marco Tullio Giordana per raccontare la malattia mentale. Le immagini sono affidate ancora una volta al fotografo Nicola Gronchi e riguardano l’ex ospedale psichiatrico di Volterra.
Per comprendere meglio le pratiche alle quali venivano sottoposti i malati e quale fosse il pensiero dominante dell’epoca in materia di salute mentale si può fare riferimento alla storia di Alda Merini, una delle più grandi poetesse dei nostri tempi, nota al pubblico per la sua arte ma anche per la sua esperienza all’interno del manicomio. La poetessa ha saputo, nelle sue poesie e nei suoi aforismi, raccontare cosa i suoi occhi furono costretti a vedere e le sofferenze a cui è stata sottoposta.
Nella biografia della poetessa, scritta dalle figlie e pubblicata sul sito ufficiale, Alda Merini racconta delle orribili pratiche che si subivano, delle violenze sulle donne all’interno dei manicomi, le quali poi venivano nascoste e giustificate dalla follia delle ragazze ospiti delle strutture, e la separazione forzata dalle sue due figlie in seguito all’internamento nella struttura manicomiale di Milano, periodo nel quale Alda Merini smette addirittura di scrivere. Nei rari rientri a casa previsti per la poetessa vengono concepite altre due figlie le quali però seguono il destino delle altre sorelle e vengono anch’esse allontanate proprio come si usava all’epoca; una donna malata non era in grado di essere una madre, una donna malata andava isolata e allontanata dalla propria famiglia. In seguito agli sfortunati avvenimenti della propria vita la poetessa sarà costretta a subire nuovamente le torture dell’ospedale psichiatrico, stavolta a Taranto, a causa di una depressione.
L’esperienza manicomiale segnerà per sempre la Merini, la sua vita e la sua arte grazie alla quale ha potuto portare a conoscenza delle persone le torture, da sempre negate, che i malati dovevano subire ed ha saputo in questo modo dare una nuova sensibilità all’argomento, con la consapevolezza che alcuni sono riusciti a farcela mentre altri, molti a dire la verità, non hanno avuto questa possibilità.
LAGGIU’ DOVE MORIVANO I DANNATI Laggiù dove morivano i dannati |
IL MANICOMIO E’ UNA GRANDE CASSA Il manicomio è una grande cassa |
In merito a questo argomento non si può non citare un’opera cinematografica che racconta e riassume gli eventi dell’epoca sessantottina di cui abbiamo parlato; questo film è “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana.
«È matta!», esclama Matteo. Nicola, che ha appena dato un esame a medicina e non sa ancora di cosa si occuperà, si tradisce: «no, non è matta… ha gli occhi intelligenti!».
Il film racconta la storia di due fratelli, Nicola e Matteo Carati, che vivono insieme gli anni dell’adolescenza fino a quando nella loro vita apparirà una ragazza, Giorgia, con gravi problemi psichiatrici, che cambierà le loro vite. Nicola prenderà la laurea in medicina e diventerà psichiatra, seguendo gli insegnamenti Basagliani e sposando pienamente la sua rivoluzione in materia di disturbo mentale, mentre Matteo entrerà nell’esercito e poi nelle forze di Polizia descrivendo con il suo agire la violenza del sistema psichiatrico, e Giorgia porterà entrambi a comprendere la necessità di restituire la ragazza al proprio ambiente familiare e di vita, liberandola dai “signori della follia”, il tutto raccontando gli eventi storici che hanno segnato il destino del nostro Paese.
In un certo senso “La meglio gioventù” è la descrizione di una generazione e di un’epoca che inizierà a voler conoscere la psichiatria puntando su un maggiore consapevolezza del sistema sociale ed anche familiare.
«Giorgia non ha bisogno di un medico… ha bisogno di un padre» grida Matteo al padre della ragazza.
Il film, ovviamente, è incentrato anche su altri aspetti e tematiche ma non è da sottovalutare proprio questo modo di parlare della malattia mentale, ripercorrendo ciò che effettivamente è accaduto nel nostro Paese e quanto sia stato difficile uscire dalle vecchie logiche.