IN DIFESA DELLE API ANCHE OBAMA
di Avv. Valeria Marini
“Se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita.”A. Einstein
Assolutamente profetiche e lungimiranti le parole attribuite ad Einstein, se si pensa che la causa di uno dei più gravi problemi che da anni interessa il settore agricolo e la biodiversità è proprio la moria degli insetti impollinatori per eccellenza: le api.
Si tratta di un fenomeno, tecnicamente denominato “sindrome dello spopolamento delle api” (Ccd: colony collapse disorder), che colpisce le api operaie ed altre specie di insetti impollinatori negli Stati Uniti e in Europa. Le ricerche condotte in America successivamente al 2006, la prima annata caratterizzata da un pesante crollo del numero degli alveari e della produzione di miele, mettono sotto accusa i pesticidi neonicotinoidi (ossia quei pesticidi sistemici che entrano nel sistema vascolare delle piante diffondendosi anche nel nettare e nel polline), con particolare riferimento a due sostanze: imidacloprid e clothianidin. Un recente studio condotto dalla Harvard School of Public Health – pubblicato a maggio 2014 dal Bullettin of Insectology – ha dimostrato come i pesticidi neonicotinoidi siano, in quanto sostanze altamente nocive, la principale causa del collasso degli alveari. Lo studio ha monitorato lo stato di salute di 18 colonie di api in tre differenti località del Massachusetts, tra ottobre 2012 ed aprile 2013. Esaminando gli effetti dei due neonicotinoidi in questione sugli insetti, i ricercatori hanno riscontrato un tasso di mortalità pari al 94% sulla popolazione di api entrate in contatto con i pesticidi dopo l’inizio dell’inverno. Ecco allora che lo studio condotto da Harvard rafforza il legame tra moria delle api, pesticidi ed inverni sempre più rigidi. Tra le altre cause della sindrome dello spopolamento delle api troviamo la riduzione degli habitat naturali e semi-naturali e, non da ultimo, i danni provocati da un’agricoltura sempre più intensiva e sottoposta alle pratiche industriali.
Non è di certo più rosea la situazione italiana: dopo un pesante crollo del 40% nella popolazione di api nostrane nel 2008, successivamente rientrato grazie alla sospensione per molti usi agricoli di sostanze nocive come i pesticidi neonicotinoidi, si è verificata un’ulteriore moria delle api con contestuale crollo del 60% della produzione di miele in Italia e conseguente aumento dei prezzi del 20-30%. Le Regioni più colpite sarebbero il Trentino – dove la moria degli insetti sarebbe legata alla produzione di mele – Lombardia, Veneto, Piemonte e Friuli per la produzione di mais, Marche ed Umbria per i girasoli. Legacoop agroalimentare si è associata alle richieste degli apicoltori indirizzate più volte ai ministeri della Salute, delle Politiche agricole e dell’Ambiente. Gli agricoltori chiedono al Governo di accertare la dannosità dei fitofarmaci ed impedirne la diffusione ed utilizzabilità, “perché la sopravvivenza e la produttività delle api è un parametro fondamentale della sostenibilità e della produttività di larga parte della nostra agricoltura”. Chiedono inoltre che nel prossimo Piano di sviluppo rurale siano previsti fondi per la produttività e la sopravvivenza delle api, considerate “termometro della sostenibilità della nostra produzione alimentare”.
L’Unione Europea, subito dopo aver commissionato all’EFSA un parere sugli effetti dei neonicotinoidi, ha scelto la via della prevenzione e precauzione vietando suddetti pesticidi per 2 anni dal primo dicembre 2013: in questo modo ha evitato di attendere che i dati a disposizione decretassero in via definitiva e chiara il colpevole.
Anche l’amministrazione Obama ha creato una task force (la Pollinator Health Task Force) che coinvolge diversi dipartimenti degli Stati Uniti per “capire, prevenire e salvare” le api americane dal declino, con un budget per il 2015 di circa 50 milioni di dollari.
Soprattutto in tempi di Expo, nutrimento del pianeta ed energia per la vita, il problema della moria delle api non può lasciarci indifferenti. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, le colture il cui destino è legato a quello degli impollinatori rappresentano circa il 90% del nutrimento mondiale. Giusto per fare qualche esempio, senza voler essere esaustivi: se non corriamo ai ripari – mettendo innanzitutto al bando pesticidi sistemici e altri veleni – rischiamo di dover dire addio a mele, pere, agrumi, castagne, fragole, ciliegie, pesche, albicocche, susine, zucchine, pomodori, carote, cavoli, broccoli, patate, aglio, cipolle, prezzemolo, basilico e girasole. Questo perché la vita di molti vegetali dipende dal preziosissimo lavoro delle api.
Non è questa, pertanto, una preoccupazione che può essere rimandata: no bees, no food.