“Sport e Diritti”- Due campioni che sfrecciano incontro ad un tragico destino: Villeneuve e Senna

IL 21 MARZO 1960 NASCEVA IL CAMPIONE DI FORMULA 1 AYRTON SENNA. F&D LO RICORDA INSIEME AD UN ALTRO CAMPIONE, VILLENEUVE, CON CUI HA CONDIVISO UN TRAGICO DESTINO

di Tommaso Rossi

Due vite, due campioni dell’automobilismo in grado di accendere i cuori di milioni di tifosi, che in pista non si sono mai incontrati e che la mano beffarda del Destino sportivo ha fatto incontrare nella morte.
Joseph Gilles Henri Villeneuve, meglio conosciuto come Gilles, nacque in Canada nel 1950, e dopo un inizio di carriera in gare di motoslitte nel Québec, passò prima ai campionati automobilistica statunitensi e, nel 1977, esordì in Formula 1 alla guida di una McLaren nel Gran Premio di Inghilterra. Arrivò 11° ma fu scartato dal team manager Mayer per le gare successive. Subito fu contattato per il finale di stagione dalla Ferrari, che si venne a trovare nella necessità di sostituire il campione Nicki Lauda.

«Se è vero che la vita di un essere umano è come un film, io ho avuto il privilegio di essere la comparsa, lo sceneggiatore, l’attore protagonista e il regista del mio modo di vivere.(Gilles Villeneuve)

Gilles divenne subito l’idolo dei tifosi per il suo stile di guida aggressivo, coraggiosissimo, la Ferrari cge derapava nelle curve come una motoslitta, e quel suo sorriso che faceva innamorare le tifose.

Gilles, “l’aviatore”, per il suo pazzo modo di guidare, ebbe un drammatico incidente nel Gran Premio del Giappone, colpì la monoposto Tyrrel di Ronnie Peterson, decollò dal suolo e ricadde su alcuni spettatori, uccidendone due. Gilles giocava con la vita e con la morte ad ogni gara, sembrava che il brivido lo guidasse e dipingesse ogni sua curva, e ogni sorpasso sembrava ci fosse il fiato del destino che lo spingesse.

Corse per la Ferrari tra il 1977 e il 1982, vinse sei gran premi e ottenne un secondo posto al Mondiale del 1979 alle spalle del suo compagno di squadra Jody Scheckter per soli 4 punti. Di quel meraviglioso campionato resterà sempre negli occhi degli amanti dello sport il duello con René Arnoux, alla guida di una Renault, nel gran premio di Francia a Digione. Sorpassi, controsorpassi ruota contro ruota, staccate al limite e derapate in grado di mettere in discussione in confini della fisica, e alla fine la bandiera a scacchi a sancire quella folle cavalcata a bordo della sua motoslitta rossa con il cavallino.
Gran Premio di San Marino, Imola, 1982: duello in casa Ferrari tra l’ormai prima guida Villeneuve e il giovane Didier Pironi, altro cavallo di razza un po’ matto e con il brivido nel sangue. Per una questione di regolamento legata al peso minimo non parteciparono alla gara alcune vetture importanti coma le McLaren, le Lotus e le Brabham. La gara si prospetta come un monologo delle due Ferrari che, infatti, iniziano a darsi battaglia per divertire il pubblico sin dall’inizio. Le indicazioni delal Scuderia prevedevano la vittoria di Villeneuve che era in corsa per il titolo. Ma Pironi iniziò folli manovre, sorpassi e contro sorpassi, fino all’ultimo giro e al decisivo sorpasso di Pironi alla curva della Tosa che lo portò al traguardo per primo tra l’incredulità dei tifosi e del team. Tensione, delusione per quell’amicizia tradita, e senso di abbandono nei confronti della squadra. Proprio lui che anni prima aveva sacrificato le sue legittime ambizioni di vittoria finale in nome della lealtà nei confronti della prima guida Schekter.
Sembra che Gilles meditasse di lasciare la Ferrari, una piccola parte di sé era morta già quel giorno a Imola.
La F1 dell’epoca, la F1 di Villeneuve era cuore e cervello.

Gran Premio del Belgio 1982, due settimane dopo Imola, 8 maggio. Qualifiche, Gilles che tenta di recuperare posizioni in griglia, la maledetta March di Jochen Mass, lo scontro fatale a 225 km/h.
Ecco, quel giorno Gilles aveva il cuore ferito ed il cervello appesantito dalla delusione e del senso di tradimento.
Quel giorno Gilles andò incontro alla morte e al suo destino di Aviatore. L a vettura decolla, il corpo che atterra contro le reti di protezione e, poi, la testa contro un paletto di quella maledetta rete. L’auto che continua la sua folle corsa di morte e distruzione da sola fino al termine di ogni speranza. Gilles è morto, vano il ricovero in terapia intensiva per qualche ora. Le scarpe vengono ritrovate a duecento metri dal luogo dell’incidente, il casco distrutto a cento metri, il volante a centottanta e la giovane moglie Johanna che autorizza i medici al distacco della macchina cuore polmoni che lo teneva attaccato senza cinture ad una vita ormai terminata.

Ayrton Senna da Silva nacque nel 1960 a San Paolo in Brasile, iniziò con i Kart e le formule minori dove sin da subito dimostrò di avere qualcosa in più che lo rendeva speciale. Cervello o cuore. Non un brasiliano solo classe e follia, un Pelé o forse un Falcao della Formula 1. Ayrton vinse tre titoli mondiali nel 1988, 1990 e 1991, a differenza del folle Gilles lui era un vincente.
Fece il suo esordio a bordo di una Toleman- Hart, come un segno del destino, nel Gran Premio del Brasile del 1984, quando ancora il mondo della Formula Uno non aveva superato il trauma terribile della morte di Villeneuve. Nella sua prima stagione colpì l’attenzione di tutti gli addetti ai lavori, ottenendo grandi risultati per una piccola scuderia tra cui uno straordinario secondo posto a Montecarlo.
L’anno dopo fu la Lotus ad ingaggiarlo e lì la sua carriera decollò. Vittoria alla seconda gara, in Portogallo, sotto un diluvio memorabile, dimostrando da subito le sue straordinarie capacità di guida sul bagnato. Dopo 3 stagioni in Lotus, concluse due volte al quarto ed una al terzo posto nel Mondiale impreziosite da 16 pole, 6 Gp vinti e altrettanti giri veloci, Senna passò alla più forte McLaren, che in squadra aveva già il forte francese Alain Prost, “Il professore” per il suo stile di guida sempre ponderato e calcolatore. Senna vinse il suo primo titolo mondiale al primo tentativo, con una striscia incredibile di 8 vittorie e 13 pole position, con duelli sempre appassionanti ma corretti con il suo compagno-rivale Prost.
L’anno successivo il rapporto tra i due esplose durante il Gran Premio del Giappone. A due gare dalla fine il francese aveva 16 punti di vantaggio e la mancata vittoria del compagno di squadra in quella gara gli avrebbe garantito la conquista del campionato. A sei giri dalla fine, i due contendenti si ritrovarono a lottare per il primo posto. Prost, durante un tentativo di soprasso di Ayrton, gli chiuse al traiettoria causando l’impatto. Ma il destino a volte è beffardo per chi lo provoca. Prost non riuscì a ripartire mentre Ayrton, con l’aiuto dei commissari di corsa che lo spinsero, riuscì a ripartire con l’auto danneggiata e tagliò il traguardo per primo. La beffa arrivò pochi minuti dopo, quando fu squalificato dai commissari di corsa per aver tagliato la chicane nel rietrare in pista. I rapporti di Ayrton con il compagno di squadra si ruppero, ed anche con la federazione che lo minacciò perfino di rititrargli la superlicenza per correre in F1. Quel giorno anche nel cuore di Ayrton si ruppe qualcosa, meditò il ritiro e la gioia che trasmetteva dai suoi profondissimi occhi nascosti dal casco si velò irrimediabilmente di un velo di delusione.

Dopo anni di successi e sconfitte, battaglie e soprassi, con il suo acerrimo rivale Prost che nel frattempo passò prima alla Ferrari poi alla Williams, Ayrton nel 1994 passò alla Williams proprio al posto di Prost che nel frattempo si era ritirato.

Da quell’anno il maledetto regolamento aveva vietato ogni dispositivo elettronico, tra cui il controllo di trazione e le sospensioni attive. L’automobile era ostica da guidare, nervosa, e l’abitacolo troppo stretto per Ayrton. E in quell’anno iniziava ad affacciarsi un nuovo giovane pilota alla guida di una Benetton Ford, per quello strano passaggio del testimone che il destino dello sport spesso nasconde dietro la morte.

Gran Premio di San Marino, ancora una volta. Le prove erano state funestate dal terribile incidente mortale del giovane pilota austriaco Roland Ratzenberger alla curva intitolata a Villeneuve. Già, il destino a volte è davvero beffardo e cinico.

Senna restò molto colpito da quella morte, un altro piccolo pezzo di cuore da pilota che veniva staccato, un altro velo che offuscava i suoi occhi vincenti e belli: paura, malinconia, tristezza. Ayrton il giorno della gara decise di correre con la bandiera austriaca nella sua monoposto, pronto ad esporla in caso di vittoria per ricordare il giovane Roland. Non fu così, purtroppo.

“Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere. Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita” (Ayrton Senna).

Settimo giro, ore 14,17 di una maledetta domenica primo maggio: ripartenza dopo la safety car entrata in seguito ad un pauroso incidente in partenza, Senna esce di pista a piena velocità alla curva del Tamburello per quello che in seguito si accerterà esser stato un cedimento dello sterzo. La sua corsa, la sua uscita di strada e la sua vita si arresteranno contro un muro, mentre un pezzo della sospensione anteriore spezzatasi per l’urto penetra la visiera del casco sfondando il casco del campione brasiliano.E infrangendo il cuore di milioni di persone.

Il suo sorriso continuerà a risuonare come musica ad ogni rombo di motore su una pista di Formula 1. E sulle piste veloci dell’infinito i destini di Gilles Villeneuve e di Ayrton Senna si incrociarono per quella gara spettacolare che la vita non gli concesse di gareggiare.

 

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