DA STUMENTO DI AUTODIFESA A (POTENZIALE) CAPRO ESPIATORIO DI UNA STRAGE DI ADOLESCENTI.
di Avv. Giandomenico Frittelli
In un momento in cui gravissimi fatti di cronaca suscitano sentimenti di comprensibile sgomento, da più parti ci si pone la domanda se la recente strage della discoteca di Corinaldo sia attribuibile allo spray al peperoncino che qualcuno avrebbe spruzzato creando momenti di panico, origine della conseguente calca che ha posto fine alla vita di 5 ragazzini e di una giovane madre.
In questo contributo non intendiamo minimamente interrogarci nelle (con-)cause della tragedia: se sia cioè colpa del tipo di musica (c.d. trap), del disagio giovanile, del business dei locali notturni, delle case discografiche che spingono certi fenomeni musicali … o magari della capsaicina contenuta negli spray.
Ciò che più ci interessa è che quando qualcuno indica la luna, non ci si concentri troppo a guardare il dito!
Ebbene, fin dal 2011 gli spray urticanti sono commerciabili in forza del Decreto 12 maggio 2011, n. 103 del Ministero dell’Interno.
La normativa (che andava ad implementare il c.d. pacchetto sicurezza del 2009) era finalizzata a meglio definire i presidi di auto-difesa che possono essere messi in commercio.
Non tutti sanno che tali spray possono essere venduti non solamente nelle armerie e nei negozi specializzati, ma anche in farmacia e nei supermercati; ovviamente, solo i soggetti maggiori di 16 anni possono acquistarli (sebbene il web sia evidentemente un agile modo per raggirare tale limite di età).
Il contenuto delle bombolette (che non può eccedere i 20 ml) è una miscela a base di Oleoresin Capsicum, una sostanza urticante ricavata dalla pianta di Cayenna e “la gittata utile” della nebulizzazione non deve superare i 3 metri: requisiti tutti prescritti dalla normativa.
Il Decreto n. 103/11 stabilisce anche la “concentrazione massima di capsaicina e capsaicinoidi totali pari al 2,5 per cento”(art. 1, lett. b) e dispone che “la miscela erogata dal prodotto non deve contenere sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici” (art. 1, lett. c); infine, tali presidi di difesa debbono essere “muniti di un sistema di sicurezza contro l’attivazione accidentale” (art. 1, lett. d).
Si tratta, quindi, di una soluzione di acqua, glicoli ed altre sostanze chimiche. In particolare, la capsaicina è l’alcaloide responsabile della “piccantezza” delle piante di peperoncino ed è la sostanza che rende la miscela irritante per le mucose e per gli occhi.
Chiunque venga esposto alla nebulizzazione di questa sostanza avverte immediatamente una forte irritazione ad occhi e bocca, con conseguente intensa lacrimazione: in caso di ingestione, si può al limite verificare un affaticamento a carico delle vie respiratorie, gonfiore e tosse. Tuttavia, gli effetti di questi spray sono temporanei e, in genere, non si protraggono per più di 30 minuti.
Ciò che la normativa ha disciplinato, evidentemente, è un presidio di autodifesa pensato non già per aggredire, ma per difendersi: non è un caso che gli acquisti di tali spray siano effettuati, per la maggior parte, da un pubblico femminile.
Ovviamente, gli spray in commercio debbono essere conformi alle prescrizioni del Decreto 103/11: in ipotesi, infatti, di utilizzo di uno spray al peperoncino che non rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa, i reati ipotizzabili sono piuttosto gravi. L’utilizzatore potrebbe essere accusato di “getto pericoloso di cose” o anche di “lesioni personali”; identiche conseguenze qualora lo spray venga utilizzato come arma di offesa e non di difesa.
Piuttosto quindi che demonizzare uno strumento, occorrerebbe essere consapevoli della ratio della normativa e delle caratteristiche di tale tipologia di spray: certamente non più pericoloso di molti scintillanti utensili che abbiamo nelle nostre attrezzatissime cucine.
La raccomandazione – oltre a quella di acquistare prodotti conformi alla legge – è sempre la stessa: maneggiare con cautela. Ed ovviamente… evitare di guardare il dito quanto qualcuno ci indica la luna.