CINQUE NUOVI BRANI IN DEMO-CD
– RIO SALSO (PU) – di Enrico Vianelli – di La scena di Rio Salso (Pesaro-Urbino) non è nuova a fenomeni esplosivi e ipervitaminici come questo, esistono infatti band come i Clover e i “vicini di casa” Antares che hanno già deliziato le orecchie e fatto scapellare chi segue un certo tipo di musica da un po’ di anni. Ormai si può parlare quasi di una vera e propria scuola a sé, che ha metabolizzato elementi thrash metal, punk (di un certo tipo), hardrock, ma riproponendoli in modo decisamente personale, nuovo. E’ il “made in Marche”, e questi Steel In The Blood ne sono un esempio. Perché parlo di “nuovo”? Innanzitutto la formazione di soli due elementi ma che fan casino per cinque (i fratelli Claudio Pedrini chitarra, voce e “basso fantasma”, e Dario alla batteria e voce); e poi l’esecuzione di un certo tipo di musica che si è solitamente abituati ad ascoltare in una versione molto rifinita, quasi “sintetica”, ma che invece ci propongono in una formula più scarna, grezza, sporca e quindi vera, genuina. I metallari di vecchio corso si sono innamorati di questo tipo di thrash, non certo di quello che si ascolta oggi, molto allineato, quasi banale. Molte band purtroppo si sono conformate, livellate ad uno standard eccessivamente promiscuo, oserei dire artificiale. Insomma, siamo tornati coi piedi per terra, grazie a questo duetto scalpitante, con una musica ridotta all’osso, senza fronzoli ma con tanta grinta.
Il progetto Steel In The Blood, nato l’anno scorso, ha sfornato questo demo di cinque tracce, sguaiate quanto letali. I testi sono in inglese ed hanno molto da dire, a partire dal pezzo che apre questo “Thrash the metal ‘till hard”, ovvero “Rock Is dead…?”: un esplicito “j’accuse” a quanti propugnano un rock che di rock non ha proprio nulla. I fratelli Pedrini rispondono con la loro rabbia, di contro, attraverso un rock più motivato e quindi sonoramente vivo. “Fist of steel” è un thrash spudoratamente “old-school”, un pezzo che farà certamente agitare la testa lungocrinita di ragazzacci coperti di pelle, scintillanti borchie e sfoggianti magliette di band importanti quali Exodus, Metallica, D.R.I; le parole nel testo del brano descrivono per filo e per segno l’impatto che un certo tipo di musica provoca idealmente, massacrando senza pietà certi nostri fatui valori così come un certo nostro moderno attaccamento all’inutile. “Fucking asshole”, diciamo così, si autopresenta: irriverenza spietata, liberatoria, assolutamente da concretizzare in una “mosh-pit” bella affollata; non c’è bisogno di molto altro dal momento che batteria pulsante e schitarrate potenti fanno il resto. Si preannuncia con un martello che batte sull’incudine, la canzone che dà il nome al cd, ovvero “Thrash the Metal ‘till hard”: qui ci avviciniamo vagamente agli ultimi Suicidal Tendencies, con una linea di suono maschia ed estremamente efficace, più quadrata e con riff gustosi, di quelli che fanno drizzare le orecchie per intenderci; il testo è un elogio all’attitudine fiera del metallaro, un inno vero e proprio, ma compresso in tre minuti e mezzo di canzone. Conclude questo concentrato di rabbia, la strumentale “The rolling rock (raw)”, una cavalcatona riprodotta con aggiunte di basso, lenta e inesorabile come l’avanzare di un Panzer-tank sul campo di battaglia.
Insomma questi fratellini terribili e giovanissimi ci offrono un valido esempio di come si fa thrash senza bisogno di chissà quali tecnologie o etichette blasonate, dando anche una lezione a quelle band che raccolgono migliaia di fan nelle arene, che hanno sponsor milionari, ma che sembrano essersi dimenticate di ciò che davvero serve: tanta grinta, attitudine e palle girate.
Il demo è completamente autoprodotto, le tracce sono reperibili sul canale Youtube digitando il nome della band. Per tenersi aggiornati c’è la pagina Facebook “Steel in the Blood”. Vi suggerisco caldamente di correre ai loro prossimi concerti per acquistare direttamente il cd in quelle occasioni.
Infoemail: acciaonellevene@gmail.com
(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)