PRIMO PASSO PER CHI CHIEDE LO STOP ALLA RICERCA IN MARE DI IDROCARBURI
di avv. Annamaria Palumbo
E’ attesa entro il 10 febbraio la sentenza con la quale la Consulta, verificata la legittimità costituzionale delle richieste referendarie, ha ammesso uno solo dei sei quesiti depositati da dieci Consigli Regionali in materia di ricerca, prospezione e trivellazioni marine.
Per i cinque quesiti dichiarati improcedibili, la Corte Costituzionale – come comunica l’ufficio stampa – non ha potuto far altro che prendere atto del parere espresso dall’Ufficio Centrale per i referendum, costituito presso la Corte di Cassazione, che il 7 gennaio scorso aveva dichiarato l’estinzione del procedimento non avendo più corso le operazioni concernenti i primi cinque quesiti in ragione delle modifiche legislative introdotte con la legge 28 dicembre 2015 n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge di stabilità).
In particolare, l’articolo 1, commi 240-242 della legge di stabilità ha apportato, ad un determinato apparato di norme, modificazioni tali da abrogare le disposizioni cui si riferivano la prima, seconda, terza, quarta e quinta richiesta referendaria. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato di non doversi dare più corso alle operazioni concernenti le suddette richieste.
A diversa conclusione la Corte di Cassazione è giunta in ordine alla sesta richiesta referendaria.
Nel valutare l’incidenza della legge di stabilità sull’ultima richiesta, la Corte ha posto a raffronto il quesito referendario con diversi dati normativi.
Ne emerso che, da un lato, l’intento referendario risulta diretto a limitare, in merito ai soli titoli abilitativi già rilasciati (e pertanto in ragione della durata prevista nel titolo) le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine, escludendo pertanto la possibilità di proroghe. Dall’altro lato, che lo ius superveniens ha introdotto una modificazione della durata dei titoli abilitativi già rilasciati commisurandola al periodo di vita utile del giacimento. La modifica pertanto si traduce in una sostanziale “proroga” dei titoli abilitativi già rilasciati nel caso in cui la “vita utile del giacimento” superi la durata stabilita dal titolo.
La Corte conclude dunque per il trasferimento della richiesta referendaria sulla nuova disposizione normativa, con riformulazione del quesito e della denominazione.
L’oggetto del referendum che vedremo riprodotto nella scheda di votazione sarà il seguente:
“Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro le dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento”.
Mentre il quesito, come riformulato dalla Cassazione, sarà il seguente:
«Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?».
Il quesito pertanto riguarderà esclusivamente la possibilità di “prorogare” o meno i titoli abilitativi già esistenti per le attività che si svolgono entro le 12 miglia, fermo il divieto di rilascio di nuovi titoli.
In caso di raggiungimento del quorum e vittoria del sì, alla scadenza dei titoli abilitativi dovranno essere dismesse le piattaforme già esistenti entro le 12 miglia, pur in presenza di giacimenti ancora sfruttabili.
Al di là di questo limite (ove peraltro si concentra la maggior parte delle richieste di nuovi titoli), nulla cambia.
Con lo scopo di riabilitare due dei cinque quesiti dichiarati inammissibili dalla Corte di Cassazione, in particolare quelli riguardanti la durata dei titoli abilitativi e l’abrogazione del Piano delle Aree, nove Regioni si stanno organizzando per sollevare innanzi alla Corte Costituzionale un conflitto di attribuzione nei confronti del Parlamento.
La questione pertanto è ancora aperta.