BOCCIATA LA LEGGE SUL MATRIMONIO SOLO TRA UOMO E DONNA
– di Avv. Tommaso Rossi
Washington, 30 giugno ’13- Gli Stati Uniti sono ad una svolta. Obama riporta un’altra importante vittoria, un passo da gigante verso la strada della civiltà e modernità. Gli Stati Uniti, spesso molto più avanti per quanto riguarda mode e tendenze piuttosto che diritti civili, segnano una tappa fondamentale della storia.
La Corte Suprema boccia il Defence Marriage Act (DOMA), la legge federale americana secondo cui ci si può sposare solo tra uomo e donna, legittimando così il matrimonio tra persone dello stesso sesso. L’incostituzionalità della norma è stata votata con cinque voti a favore e quattro contrari. La norma, secondo la Corte, vìola i diritti delle coppie omosessuali negando loro i benefici federali riconosciuti dal matrimonio.
Il Presidente Obama affida il suo pensiero ad un Tweet: «La sentenza è uno storico passo avanti verso l’uguaglianza». Seguito dopo poco da una nota ufficiale : «Applaudo la scelta della Corte Suprema. Cancellata legge discriminatoria che trattava coppie gay innamorate e impegnate come cittadini di serie B».
La notizia segue di qualche settimana quanto accaduto in Francia, dove sono divenute lecite le unioni omosessuali e le coppie formate da due persone dello stesso sesso potranno anche adottare bambini. Con la riforma, approvata nell’aprile scorso, viene modificato l’art. 143 del codice civile francese, che disciplinerà l’unione in matrimonio delle persone, senza distinzione di sesso: “Il matrimonio – così reciterà l’articolo – è contratto tra due persone di sesso opposto o dello stesso sesso”.
Con gli Stati Uniti sono quindici ora le nazioni al mondo che riconoscono il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
E in Italia? Ad oggi, oltre a non essere lecito il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’Italia non ha neppure una legge che tuteli le coppie di fatto, né eterosessuali, né omosessuali. I pochi riconoscimenti ottenuti nel tempo sono dovuti ad un collage di normative frammentarie, utilizzate dai giuristi civilisti per costruire un quadro normativo, se pur minimo, di tutela (unendole all’autonomia contrattuale privata), e da alcune sentenze della cd. “giurisprudenza creativa”. Ad esempio, gli storici del diritto sono andati a ripescare un provvedimento che risale al 1918 in cui si tutela il diritto della convivente a ricevere la pensione di guerra; un altro frammento normativo è stato rinvenuto nell’ordinamento penitenziario, il quale prevede espressamente che gli incontri con i detenuti possano essere chiesti anche dal convivente di questo, nonché riconosce il diritto del detenuto ad ottenere un permesso per imminente pericolo di vita di un familiare o del convivente.
Il blocco normativo fondamentale al riconoscimento delle unioni di fatto, tra cui quelle tra persone dello stesso sesso, sembrerebbe posto dall’articolo 29 della Costituzione, che riconoscere il modello di famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29 della Costituzione). Tuttavia, grazie ad una giurisprudenza innovativa e moderna, si sono fatti alcuni passi avanti, nel senso di scardinare quelle barriere poste dal nostro ordinamento ( che prevedeva in passato anche il reato di concubinato) alla tutela delle unioni di fatto eterosessuali ed omosessuali. Vi è tra queste, la Sentenza 138/2010 della Corte costituzionale sull’articolo 2 della Costituzione : “Orbene, per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”. Recentemente, vi è poi la sentenza n. 4184/2012 della Corte di Cassazione, nella quale si afferma che in alcune specifiche situazioni, le coppie omosessuali hanno il pieno diritto di rivolgersi al giudice per far valere il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata. Inoltre, vi è il riconoscimento degli effetti del matrimonio gay contratto all’estero, seppur non trascrivibile nei registri dello stato civile italiano. Ad, ogni modo, stiamo sempre parlando di precedenti giurisprudenziali in un paese di civil law, e non di common law (in cui il precedente è legge). Ci si potrebbe sempre trovare di fronte ad un giudice che dà un’interpretazione distante da quella delle sentenze sopracitate, seppur dotate di notevole autorevolezza. Il vuoto normativo sulla tutela delle coppie di fatto in Italia ha perfino suscitato l’attenzione del Parlamento Europeo, il quale con la risoluzione del 13 Marzo 2012, ha stabilito che gli Stati membri dell’Unione europea non devono dare al concetto di famiglia “definizioni restrittive” allo scopo di negare protezione alle coppie omosessuali e ai loro figli.
Quanto dovremmo aspettare prima che anche l’Italia inizi il suo cammino verso la libertà vera che solo la fruizione di diritti davvero uguali per tutti può dare?
Spesso copiamo le peggiori mode ed abitudini dagli States: la speranza che, questa volta, si possa prendere esempio per traccare una rotta verso una strada ancora così lontana.