TorinoFF35 – Smetto Quando Voglio: Ad Honorem, la recensione

di Alessandro Faralla (Responsabile Cultura e Spettacoli F&D)

smetto quando voglio 3

Li avevamo lasciati di nuovo in gabbia la banda dei ricercatori dopo che l’operazione di smascheramento di numerose smart drugs era stata insabbiata dall’ispettore Coletti.
Fuori, ancora a piede libero c’è Walter Mercurio, colui che aveva rubato il cromatografo per produrre il gas nervino da attivare ad un’importante cerimonia di premiazione alla Sapienza di Roma.

Si ritorna quindi dove tutto era cominciato, nel luogo delle speranze svanite, dei sogni, delle borse da ricercatore non rinnovate per la superficialità e la mediocrità con cui vengono gestite le cose in Italia. Perché puoi essere tra “le migliori menti in circolazione” eppure costretto a stare in panchina, in un angolo.
Il terzo capitolo di Smetto Quando voglio, porta la banda psichedelica e tragicomica all’ultima sfida, salvare un simbolo di un sistema che li ha rifiutati, creando un presente di espedienti.
Non viene meno agli sguardi che hanno caratterizzato la Roma di Smetto Quando Voglio Sydney Sibilia, inquadrature iniziali dall’alto per fotografare i colori e le luci di uno scenario frizzante.

Realizzare una trilogia sull’ intelletto, le competenze di profili eccellenti è stata una sfida vinta se pensiamo ai prodotti italiani in circolazione. Un’identità spiccata, pur rifacendosi a consolidati aspetti delle trilogie americane, che ha portato una storia italiana a usare come sottofondo della propria freschezza un tema sociale modellando sugli attori, sui loro corpi, la presenza scenica e situazionale (Fresi e De Rienzo su tutti), ogni volta creando degli antagonisti che in fondo prima di loro si sono trovati nella stessa situazione. In Smetto Quando Voglio il villain è un pretesto, ben scritto ed inserito nel soggetto, per rafforzare la squadra. Come se fosse la trilogia di Nolan del Cavaliere Oscuro, luoghi, personaggi e fatti tornano per un epilogo essenziale, meno rocambolesco ed energico dei precedenti lasciando spazio alla pragmaticità, alle vulnerabilità bizzarre dei personaggi.
Alla fine, nei toni e nell’atmosfera d’insieme, si è percepita un po’ di stanchezza in un processo che tra secondo e terzo capitolo è stato girato senza pause.

Smetto quando voglio Ad Honorem è la sintesi di un percorso, di una maturità concepita in “non sappiamo come, ma ce la faremo” senza dover far leva per forza sull’eccentricità riuscendo come sempre a far sorridere.

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