LA RUSSIA MANDA ALTRI 6000 SOLDATI SUL TERRITORIO UCRAINO: SEMBRA SEMPRE PIU’ APPROSSIMARSI UN PUNTO DI NON RITORNO.
Di Mosè Tinti
Non sono bastati i riflettori di tutto il mondo puntati sulle Olimpiadi invernali di Sochi per mitigare il comportamento reazionario e repressivo della Russia per tenere sempre più sotto controllo i territori limitrofi ed agitati dell’Ucraina ed ancora una volta la mega nazione di Putin mostra i suoi spaventosi muscoli e sembra sempre più avvicinarsi il momento in cui alle parole ed alle minacce seguiranno i fatti concreti dell’uso delle armi.
Il Ministro della Difesa ucraino, Ihor Tenykhe, ha denunciato l’invio nel suo Paese di altri 6000 militari russi supplementari e le Forze Armate Nazionali sono state poste in stato di massima allerta sul territorio della penisola di Crimea, repubblica autonoma dell’Ucraina, dove era già stata denunciata la presenza di 2000 soldati di Putin. In una situazione così tesa, l’esasperazione ucraina traspare dalle parole del premier Arseny Yatseniuk: “inaccettabile la presenza di blindati russi nel centro delle città dell’Ucraina”, sollecitando la fine di ogni operazione militare. Ha aggiunto, poi, che Kiev “non cederà alle provocazioni”.
C’è anche chi, però, insiste per il prosieguo delle operazioni militari. Infatti, il neo autoproclamato premier della Crimea chiede l’aiuto della Russia per restaurare “pace e calma” nella regione. Il Cremlino non ha fatto attendere la sua risposta: “la Russia non ignorerà la richiesta di aiuto dei dirigenti della Crimea”.
Gli avvenimenti non lasciano indifferenti lo scacchiere internazionale. Obama ha detto a Mosca che un intervento militare “avrebbe un costo”. Invece, il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turcinov accusa apertamente la Russia di Vladimir Putin di voler provocare un conflitto, con una “aggressione non dissimulata”, per poi “annettersi il territorio”. Arrivano segnalazioni da parte dell’amministrazione Usa di movimenti militari russi in Crimea sia via aerea che via terra. Ed in effetti, dagli scorsi giorni, uomini armati presidiano da stamattina due importanti aeroporti della penisola russofona ucraina: quello della capitale Simferopoli e quello di Belbek, a 20 chilometri da Sebastopoli, dove è di stanza la flotta russa del Mar Nero. Questi uomini non hanno stemmi sulle loro divise e non si possono ricondurre con certezza ad un’organizzazione paramilitare filorussa e nemmeno alle truppe regolari di Mosca. Per Kiev non vi sarebbero dubbi sul fatto che si tratti di una vera e propria invasione russa.
C’è un clima da guerra fredda perchè gli Stati Uniti, tramite il vicepresidente Biden, affermano ” il forte sostegno degli Stati Uniti per il nuovo governo e il nostro impegno a favore della sovranità, dell’integrità territoriale e del futuro democratico dell’Ucraina”. Questo appoggio potrebbe manifestarsi con il boicottaggio del G8 che si terrà a Sochi a giugno, ma si rischierebbe una risposta ben più pesante in caso di vero attacco russo.
Vi sono altre pressioni diplomatiche americane: John Kerry ha nuovamente parlato con il Segretario di Stato russo, Serghiei Lavrov, per esprimergli la preoccupazione degli Usa riguardo le attività militari in Crimea e per affermare che un intevento armato sarebbe “un grande sbaglio”; l’ambasciatore Usa all’Onu, Samantha Power, ha lanciato un appello alla Russia affinché “ritiri le sue forze militari” e permetta agli ucraini di “decidere il proprio futuro senza ingerenze” ed allo stesso tempo ha chiesto l’avvio di “una mediazione internazionale indipendente e credibile, che deve partire per l’Ucraina per disinnescare la crisi”.
Nel frattempo però, la rivoluzione di Kiev miete fantasmi: persone scomparse senza lasciare traccia. A Kiev esiste un ufficio Soggetti Smarriti della Rivoluzione, assediato ogni giorno da donne, uomini, ragazze, ragazzi che hanno perso i contatti con i loro cari, dispersi e mai tornati a casa dopo aver partecipato alle manifestazioni di piazza. Chi va alla ricerca sale nell’ufficio e dà i dati della persona scomparsa e si cerca di ritrovarla tramite il computer, magari in qualche ospedale o in qualche carcere: scompaiono minori, uomini e donne indifferentemente. I desaparecidos della Rivoluzione sono 304 nomi che non rispondono all’appello. “Con tutti questi scomparsi l’Ucraina sembra il Sudamerica”, così l’ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili.
Qualche corpo potrebbe essere sotto le macerie di palazzi crollati, qualcuno è stato ucciso e non aveva documenti addosso: nessuno sa chi fosse. Negli scorsi giorni, il governo ha sciolto i Berkut: cinquemila poliziotti che negli anni di Yanukovich potevano permettersi tutto. Verranno processati. Fortunatamente, ci sono anche storie a lieto fine: ieri è stata trovata una ragazzina. Stava nascosta a casa di un’amica. La repressione non c’entra: era incinta e non voleva dirlo alla famiglia.