“CAMBIO PALCO”, NUOVO CD DEL TRIO MARCHIGIANO
Turkish cafè. Ovvero l’aromatica, suggestiva e allungata potenza (“turk” significa forza) della nera bevanda servita nelle stradine di un quartiere turco di Bruxelles. La spinta istintiva a fare cose impensabili, straordinarie. Ed anche, appunto, il nome di una giovane band marchigiana che per produrre musica ha piantato un paletto di riferimento fisso dove c’è scritto: voglia di girar pagina ed evolversi in continuazione, di rilanciare all’infinito la capacità di creare, di sedurre e stupire con un “nuovo” da modellare e definire di volta in volta.
“Cambio palco”, secondo Cd dei Turkish Cafè, lungi in realtà dall’evocare atmosfere orientali, grazie alla sua vena ampiamente acustica e vocale moderatamente corretta con l’uso dell’elettronica, non tradisce le attese dell’ascoltatore che, appunto, è alla ricerca di qualcosa di particolare, di nuovo. Una gustosa storiella un po’ alchemica e romantica – quella che stiamo raccontandovi in sintesi – che inizia proprio nel 2008 nelle esotiche, colorate e vocianti stradine del quartiere turco della capitale belga. Quando tra la voce della jesina Veronica Punzo e la chitarra del fermano Julian Corradini, allora studenti Erasmus, nasce un amore che trova immediatamente sfogo artistico di strada, fino al debutto del duo nella Grand Place locale. Un’affinità elettiva che si rafforza poi, al ritorno in Italia, con l’unione del contrabbasso “stile conservatorio” di Simone Giorgini, di Camerano, e l’avvio in trio di un’infinita serie di concerti (durante i quali suonano pezzi propri e cover riarrangiate) e partecipazioni a festival e concorsi anche all’estero, compresa il piazzamento fra i primi 40 gruppi selezionati per il prossimo Sanremo. Frattanto, nel 2011, il debutto autoprodotto col primo album.
La svolta più ambiziosa e matura arriva, come suggerisce il titolo, con “Cambio palco”, forgiato l’estate scorsa sull’onda d’intrigante interesse elevatasi grazie ad una campagna di crowdfunding lanciata su Musicraiser. Già, cambio palco. Che, tradotto dal gergo dei live, sta per quei minuti in cui una band subentra a un’altra in una stessa serata. Minuti strani, di sistemazione esteriore, quella degli strumenti, e di ri-sistemazione ispirativa interiore. “Il magico silenzio prima che accada qualcosa di nuovo”, per dirla con i Turkish Cafè, che per il loro bis in studio (l’attrezzatissimo “Nufavric” di Fermo) si avvalgono dell’apporto, poi stabilizzatosi, del falconarese Simone Pozzi (batteria, percussioni e cori) e dell’osimano Cristiano Giuseppetti (violino), oltre che della eccezionale ed estemporanea partecipazione di ospiti celebri, tra tutti Erriquez, carismatico cantante della Bandabardò”. Un cambio vero, dunque, caratterizzato dall’uso di molti altri strumenti, tra i quali il violoncello, una tromba, un basso tuba, uno xilofono, una fisarmonica. Un salto dal passato recente all’immediato futuro affatto traumatico. Lo spesso filo, di un giallo soffusamente solare, che unisce le 12 tracce-perline tutte inedite del Cd, è più orchestrale, ma resta elettroacustico e cantautoriale, venato a sua volta di influssi folk, sorretto dal sapiente e seducente uso dei cori e delle armonie vocali, culturalmente influenzato dalle origini argentine di Julian e da quelle italo-merdiionali della sirenetta Veronica. Dodici brani scritti a più mani, tutti in italiano, tranne “John the seahorse”, metaforica favola sulle avventurose evoluzioni esistenziali di una cavalluccio marino. L’esistenzialismo di tutti i giorni, meditato e metabolizzato (solo a volte con languore, più spesso con gioa), è in fondo il minimo comune denominatore dei testi, dolci e poetici, in ciò perfettamente simbiotici con la colonna sonora pop sempre ariosa, appassionata e suadente.
Ecco quindi l’iniziale “Controlla”, che suggerisce di tenere gli occhi aperti su ciò che succede attorno a noi, “Il tempo che ho perduto”, invito klezmer a non perdere la bussola tra false illusioni rimanendo se stessi, lo “Specchio”, dedicato a vivere pienamente mentre la vita scivola in attimi riflessi, “Sto piangendo”, che scova gli angeli e demoni interiori.
E poi tanto amore. “L’amore che ti cade addosso” come la più importante delle verità, quello che in “Sorridi” gioca con la morte e si interrompe (brano riproposto alla fine in inglese in modo augurale), quello che in “Porcellana” si rivela chiave di lettura al femminile e ricerca del non effimero colpo di fulmine, e quello che finisce per perdersi nella ninna nanna “C’è”.
Nei mistici “se” e perché” di una ragazza si accende “Fuoco sacro”. E “La locanda San Rocco” di Fermo e quella ideale, di ogni città, dove la notte regala personaggi, episodi strambi… e forse cose turche!
Per informazioni e contatti: www.turkishcafe.it – su Facebook “Turkish Cafè Official” – turkafe@gmail.com – tel. 340/2729770 (Julian)
(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)