QUANDO IL DIRITTO DI CRITICA CEDE IL PASSO AI REATI CONTRO LA PERSONA
di Avv. Marusca Rossetti
28 gennaio 2014: semmai il livello del dibattito politico non fosse già abbastanza basso, a renderlo ancora più greve c’ha pensato il deputato del Movimento 5 Stelle Giorgio Sorial.
Costui, nel corso di una conferenza stampa, ha ben pensato di affondare il Presidente della Repubblica con una affermazione che ha sollevato un vespaio in tutto il mondo politico e non, impossibile da ignorare per la sua virulenza. “Il boia Napoletano– questa la frase incriminata-sta avallando una serie di azioni per cucire la bocca all’opposizione e tagliarci la testa”.
Il pesante insulto è stato proferito presumibilmente per spiegare come mai quelli del M5S si sono decisi a scrivere una serie di lettere al primo cittadino dello Stato italiano per denunciare la violazione della legge e dei regolamenti sull’approvazione di decreti. Oltre ad aver dato il via a una valanga di cinguettii che lo ha travolto con commenti poco lusinghieri provenienti da ogni dove, con questa uscita decisamente infelice Sorial si è anche beccato una denuncia a firma Stella Bianchi (Pd) per “offesa all’onore ed al prestigio del Presidente della Repubblica”, in relazione alla quale la procura di Roma sta riflettendo se sia o meno il caso di aprire un fascicolo.
Ma giusto per una sana curiosità, di che reato si sta parlando esattamente?
Forse non tutti sanno che nel codice penale sono rinvenibili i cd. delitti contro la personalità interna dello Stato, volti a sanzionare quelle condotte illecite che attentino al corretto e ordinato funzionamento dello Stato e del suo assetto costituzionale, anche prendendo di mira organi, cose o persone.
In particolare, per quello che qui interessa, gli artt. 276, 277 e 278 c.p. contemplano tre diverse figure di reato accomunate dalla circostanza che il soggetto passivo di ciascuna è sempre il Presidente della Repubblica, quale rappresentante dell’unità nazionale, cui è equiparato il Papa nonché, in forza dell’art. 290-bis c.p., colui che faccia le veci del Presidente, ovvero, in virtù dell’art. 86 Cost., il Presidente del Senato.
Mentre la protezione offerta dall’art 276 c.p.(attentato contro il Presidente della Repubblica) concerne la persona fisica dell’esimio e quella dell’art. 277 c.p.(offesa alla libertà del Presidente della Repubblica) privilegia la libertà individuale diversa da quella fisica, la fattispecie dell’art. 278 c.p. rubricata appunto “Offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica” mira invece a presidiare il bene giuridico della dimensione morale della persona stessa, alla cui configurazione contribuiscono, sotto il profilo individuale, il bene dell’onore e, sotto il profilo istituzionale, il bene del prestigio dello Stato.
Il bene dell’onore va inteso, in sintonia con l’interpretazione che se ne dà all’art. 594 c.p. che si occupa del reato di ingiuria, come il sentimento che ognuno ha della propria dignità morale e del proprio decoro; mentre il bene costituito dal prestigio dello Stato va ricollegato, nel caso specifico, alla posizione di particolare autorevolezza derivante dall’esercizio di pubbliche funzioni.
Peraltro, detto prestigio, è tale da ricomprendere anche il “sereno svolgimento delle funzioni connesse alla carica” e l’offesa al bene protetto si ha anche per effetto soltanto di atti oggettivamente idonei a diminuire onore o prestigio, prescindendo dunque dall’effettiva lesione del bene. Per tale via questa forma di reato si configura come un reato di pericolo e non già di danno, proprio in ragione del fatto che la tutela al bene giuridico protetto viene anticipata a un momento precedente all’effettiva lesione dello stesso. Inoltre, ai fini della sussistenza della fattispecie in esame, è escluso che l’offesa richiesta dalla norma debba assumere la carica denigratoria, di maggiore intensità, propria del vilipendio.
Al fine di individuare la nozione di offesa, essa ricorre nei casi in cui, non trattandosi del Presidente della Repubblica, o di uno degli altri soggetti ai quali si estende la tutela prevista dalla norma, ricorrerebbero, da un lato, la fattispecie dell’oltraggio(a pubblico ufficiale art. 341-bis c.p.) e, dall’altro, quella dell’ingiuria(art. 594 c.p.) o della diffamazione(art. 595 c.p.).
Trattandosi di reato a forma libera l’offesa può essere realizzata in qualunque modo e con qualunque strumento.
Di certo, con riguardo al reato di cui all’art. 278 c.p., non può essere invocata la causa di giustificazione del consenso dell’avente diritto ex art. 50 c.p., in quanto l’interesse tutelato dalla norma non è nella disponibilità della persona fisica cui è affidato il munus publicum.
Parimenti, non rilevano le esimenti della reciprocità e della provocazione che l’art. 599 c.p. contempla per i reati di ingiuria e diffamazione, sia perché tale articolo riferisce le stesse esclusivamente ai fatti di cui agli artt. 594 e 595 c.p., sia perché esso presuppone un rapporto paritario tra offensore e offeso, che non sussiste nella fattispecie in esame.
Si è inoltre posto il problema della punibilità del fatto rispetto al diritto di cronaca e di critica che attua il diritto di libertà di manifestazione del pensiero consacrato nell’art. 21 Cost.
A questo proposito la stessa Cassazione ha affermato che l’ordinamento tutela l’esercizio di tale diritto anche nei confronti delle istituzioni costituzionali dello Stato, compreso il Presidente della Repubblica, con, tuttavia “l’insuperabile barriera della tutela del prestigio, del decoro e dell’autorità delle istituzioni”(così, Cass. Pen., Sez. I, 4 febbario 2004 n. 12625).
Ed è piuttosto evidente che, con riferimento all’incresciosa uscita da gaffeur di Sorial, non c’è diritto di critica né tantomeno di cronaca che tenga. Questo deputato, nato nel 1983 a Brescia da genitori egiziani, dopo aver dato il meglio di sé esponendosi per l’abolizione del reato di clandestinità; si è poi più volte fatto riconoscere solo per il suo linguaggio colorito.
Francamente, evitando di perdere altro tempo nel pensare e scrivere un commento personale sull’accaduto, ci si limita a richiamare quello lapidario, ma che si condivide pienamente, del collega di Palazzo Madama Lorenzo Battista: “A prescindere dalle opinioni politiche, non avere rispetto delle istituzioni, comprese le alte cariche dello Stato, per fare uno strillo e avere la prima pagina, vuol dire coprire i pochi contenuti”.
E detto questo, tutto il resto è noia.