“Un uomo libero”, biografia di un partigiano

xFeD cop libroSAGGIO DI AFFINITA’ ELETTIVE

 ANCONA – di Ruggero Giacomini –

Davvero fuori dell’ordinario la vita di Samuele Panichi, nato a Cagli nel 1888, emigrato giovane negli Usa, dove vive sulla sua pelle il carattere selvaggio della lotta di classe, e poi in Italia sotto il fascismo e gli arbitri di un podestà che l’ha giurata alla sua famiglia, e quindi tra i capi della Resistenza nella zona montana a cavallo tra Cantiano e Gubbio. Una figura tenuta finora ai margini dalla storiografia locale, la cui esperienza viene ora ricostruita in un libro di Marco Milli e Irene Ottaviani, “Un uomo libero. Biografia di Samuele Panichi”, recentemente edito da “Affinità Elettive”. Risultato di una paziente ricerca anche negli archivi d’oltre oceano, questo lavoro di 114 pagine si avvale delle memorie di famiglia, essendo la Ottaviani tra i discendenti diretti e pronipote di Panichi .

Nel libro la ricostruzione della vicenda personale si muove con attenzione al contesto politico e sociale, fornendo così uno spaccato della realtà locale e delle sue contraddizioni. Come pure, all’interno del mondo degli immigrati negli Stati Uniti, fa rivivere il clima di feroce repressione delle lotte e dell’organizzazione dei lavoratori da parte delle polizie governative e padronali, illuminando una democrazia come quella americana fortemente connotata, ancor oggi, dal dominio assoluto della ricchezza.

Di famiglia relativamente benestante ma numerosa, Samuele si fa coinvolgere dall’onda migratoria che spinge all’inizio del secolo molti italiani verso paesi del nord Europa e d’America. In Pennsylvania, negli anni che precedono la prima guerra mondiale, lavora come minatore, si fa notare per spirito critico e simpatia, diventa un punto di riferimento per i compagni e attivista dei Lavoratori Industriali del Mondo (IWW), un sindacato combattivo che ha seguito specialmente tra i proletari immigrati. Intanto conosce Irene Catherine Barry, figlia di un americano e di una irlandese, la compagna della sua vita, con cui si sposa e nasce nel marzo ’17 Maddalena. La Rivoluzione russa d’Ottobre segna profondamente Samuele, indicando la possibilità concreta di vittoria e riscatto degli oppressi. E quando nel ‘19 nasce un bel maschietto, lo chiamano Lenin. Ma Panichi, schedato dall’FBI, viene arrestato di notte nella sua abitazione messa a soqquadro, il bimbo patisce freddo, prende la polmonite e muore. E’ un tragico colpo, che spinge Samuele a chiudere l’esperienza americana; prende con sé la piccola Maddalena e torna in Italia, raggiunto poco dopo dalla moglie riluttante.

Nel borgo di Pianello, dove vivono, tra Cagli e Cantiano, nascono nel ’21 e ’24 i figli a cui vengono dati i nomi dei dirigenti rivoluzionari fatti assassinare in Germania nel ’19 dal governo socialdemocratico: Rosa Luxemburg e Carlo Liebknecht . I due ragazzi crescendo aiutano il padre nel piccolo commercio verso i contadini, di cui è parte essenziale la conoscenza delle virtù curative delle erbe e la pratica di una medicina alternativa. Sono con lui anche nella Resistenza, di cui Samuele è nella zona tra i primi organizzatori. La banda Panichi si caratterizza per avere nelle Marche proporzionalmente la più alta partecipazione di donne combattenti, tra cui la nota Walchiria Terradura. Carlo Liebknecht Panichi viene fatto prigioniero dai nazifascisti nel rastrellamento di maggio sull’Alpe della luna e assassinato il 4 giugno insieme a un compagno, indicibile lo strazio dei genitori.

Che Panichi sia personaggio di rilievo della resistenza emerge bene dalla ricostruzione e lo dice il riconoscimento stesso conferitogli di commissario politico del quinto battaglione della Brigata Garibaldi-Pesaro.

Un’ulteriore triste avventura, all’origine probabilmente del lungo oblio, è vissuta nel clima del dopoguerra, che dall’unità nazionale antifascista precipita rapidamente nell’anticomunismo governativo e clericale. A Panichi, coadiuvato dalla figlia Rosa, viene affidata nel ‘46 la gestione del Consorzio agrario di Cagli, ricevono il grano dai contadini e provvedono allo smistamento. Non tengono conto forse per inesperienza che il peso del grano è maggiore alla trebbiatura. Inoltre il consorzio diventa presto ambito come tramite egemonico del potere DC verso i contadini. A un controllo dopo due anni risultano mancanti parecchi quintali. Nessuna indulgenza. Contro Samuele e Rosa vengono spiccati mandati di cattura, si tenta la speculazione politica. Seguono latitanze, detenzioni, processi e condanne, per cui Rosa si farà 28 mesi nel carcere di Perugia, e un’ombra è gettata su una vita di onestà e sacrifici per l’ideale. Ecco qui la testimonianza resami in un colloquio telefonico il 7 giugno 2007 da Valchiria Terradura: “Panichi era uomo di assoluta onestà, sulla sua dirittura morale garantisco personalmente, senza dubbio alcuno. Ricordo perfettamente la vicenda essendo molto amica della Rosa. Furono colpiti nel clima pesante della rottura dell’unità nazionale (dopo il viaggio americano di De Gasperi) e della guerra fredda. I conti sul peso non tornavano soprattutto perché avevano ricevuto il grano appena trebbiato, spesso umido, che poi aveva perduto di peso rispetto a quanto era stato conteggiato al contadino”.

Ma erano gli anni dei processi ai partigiani, mentre tornavano in libertà e ai loro posti nelle amministrazioni pubbliche i fascisti criminali, a cui giudici compiacenti entrati in carriera nel regime applicavano con generosa larghezza l’amnistia. Mentre, come ricordava Terradura, un partigiano che aveva ucciso un fascista in azione di guerra e gli aveva poi tolto le scarpe si ritrovava accusato da quegli stessi giudici di aver commesso omicidio non per la lotta di liberazione, ma… per rapina e trattato come un comune delinquente. La lotta ha i suoi successi e i suoi rovesci, nulla è scontato e garantito, e questo ci insegna la dura storia di Panichi.

(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

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