ULTIMO VERDETTO DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA: “SCONVOLGENTI CRITICITA’ ”
del dottor Giorgio Rossi (Oncologo)
La Commissione parlamentare d’inchiesta incaricata di valutare i danni alla salute nei militari italiani indotti dall’uranio impoverito usato a scopo bellico, dopo anni di lavoro, è giunta a conclusione e il giorno 7 febbraio scorso ha presentato i risultati in conferenza stampa.
Nella relazione, approvata a maggioranza, vengono evidenziate “sconvolgenti criticità” che indicherebbero l’esistenza di una correlazione tra l’esposizione dei militari all’uranio impoverito e l’insorgenza di tumori e anche di altre malattie, accertandone il nesso causa-effetto.
Queste rilevanti affermazioni hanno suscitato, però, forti polemiche con voci contrarie sia nel mondo scientifico, sia in quello militare.
Per tentare di valutare un argomento di tale delicatezza e complessità, penso possa essere utile di tracciare un breve quadro della situazione.
Nel lontano 2001 cominciarono ad ammalarsi e a morire di cancro alcuni militari italiani di ritorno dalle missione nei Balcani . Sotto accusa sarebbero stati i bombardamenti della NATO effettuati tra il 1995 e il 1999 su Bosnia Erzegovina , Serbia e Kosovo, con proiettili all’uranio impoverito.
Da allora è iniziata una battaglia tra chi sostiene l’esistenza della correlazione tra la malattia e l’esposizione all’uranio impoverito e chi la nega.
L’uranio impoverito ( Depleted Uranium – DU – ) è ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell’uranio. La miscela di due isotopi, Uranio -235 e Uranio-238, costituisce l’uranio arricchito usato come combustibile nelle centrali nucleari. Quello che resta dopo la combustione è principalmente uranio-238 e costituisce il DU che viene conservato in cilindri stoccati all’aperto in relativa abbondanza dato che da più di 40 anni si accumula nei depositi di scarto radioattivo in diversi paesi al mondo primi tra tutti U.S.A. e Russia seguiti , a grande distanza , da Francia regno Unito , le nazioni ove più alto è il numero di centrali nucleari .
Le sue principali caratteristiche sono : la sua alta densità che si traduce in un elevatissimo peso specifico , il basso costo , come detto la relativa abbondanza , la duttilità e la capacità di assorbire radiazioni .
Il DU è un metallo pesante debolmente radioattivo con tempo di dimezzamento estremamente lungo. Viene utilizzato anche per scopi civili soprattutto per la schermatura dalle radiazioni e come contrappeso in applicazioni aerospaziali e navali .
Il suo uso militare riguarda le munizioni anticarro; negli anni 60 le forze statunitensi iniziarono ad interessarsi a questo tipo di arma costruendo un proiettile penetrante sparato dagli aerei d’attacco al suolo capace di attraversare i veicoli dotati di corazzatura , accendersi spontaneamente ed infine esplodere con la polverizzazione della maggior parte dell’uranio con una ricaduta in un raggio di circa 50 metri .
Questa polvere che ricade al suolo costituita da nano-particelle può essere inalata , ingerita, penetrare attraverso ferite, trasportata con il vento, assorbita dal suolo, raggiunge l’acqua ed entrare così nella catena alimentare, con un meccanismo di azione responsabile dei danni alla salute non tanto dovuto alla radioattività, che come detto è particolarmente debole, quanto invece alle caratteristiche chimiche.
Tra i militari italiani reduci dalla campagna di Bosnia si sono verificate malattie tumorali specie leucemie e linfomi , ma anche tumori solidi ed accanto a questi, anche malattie non tumorali, ma altrettanto gravi come danni renali irreversibili ed ad altri organi .
Altrettanto preoccupanti sono i dati che provengono dall’altra parte dell’adriatico dove dopo la guerra è stata effettuata un’ importante azione di bonifica dei territori coinvolti con il ritrovamento e lo stoccaggio di numerosi proiettili all’uranio impoverito e con decine di tonnellate di terra contaminata sotterrate in luoghi posti sotto sorveglianza .
Emblematici risultano i dati raccolti presso la città di Hadzici una località a 27 chilometri da Serajevo ove i bombardamenti della NATO con proiettili all’uranio impoverito sono stati particolarmente intensi e ove, secondo le autorità del luogo comprese le associazioni scientifiche come l’Associazione Nazionale del Cancro, particolarmente numerosi sono stati i casi di tumori verificatesi nella popolazione affermando che i tempi di latenza di tumori solidi indotti dal DU arrivano a 15 anni ed a 8 anni per leucemie e linfomi e proprio queste malattie hanno avuto un picco nel 2006.
Nel marzo del 2006 in Italia venne istituita dal Senato della Repubblica una commissione d’inchiesta per valutare la situazione tra i militari reduci dalle missioni nei Balcani ma anche tra quelli di stanza nei poligoni di tiro .
Dopo una prolungata valutazione dei dati epidemiologici disponibili e di altri dati scientifici forniti dagli esperti , tra cui la così detta Relazione Mandelli dal nome dell’esperto ematologo nazionale , ove in realtà era emersa una certa maggiore incidenza di leucemie e linfoma di Hodgkin , la commissione raggiunse la conclusione che non si poteva affermare con assoluta certezza il rapporto tra causa ed effetto , ma che, in considerazione del particolare degrado ambientale ove si erano svolte le missione, veniva comunque ammesso il criterio di probabilità e conseguenzialmente la possibilità da parte dei militari e dei loro familiari di accedere agli strumenti di assistenza e di risarcimento previsti dalla legislazione vigente.
La commissione raccomandava di proseguire con i rilievi per poter raccogliere una maggior quantità di dati epidemiologici giudicati non sufficienti anche per la carenza nel territorio nazionale dei Registri Tumori .
Stessa conclusione e stessa situazione nelle regioni balcaniche .
Pertanto, per cercare di spiegare i 200 morti e i 2500 malati dell’Italia , l’Associazione Vittime dell’Uranio chiese al Governo una nuova commissione d’inchiesta di cui, appunto, il 7 febbraio scorso, è stata presentata la relazione finale.